Era la gioia di vivere. Qualcosa che esisteva, si rinnovava, accadeva ovunque, prima a Lipsia e poi a Berlino: nella Pension non lontana dal suo studentato, nella camera affittata dietro l’Alexanderplatz presso la vedova di guerra Hedwig Fischer e, infine, sulla branda di Max e Pauline, detta Pauli, in pieno Wedding.
Gerda Taro, “la gioia di vivere”
Così viene descritta la protagonista del romanzo della Janeczek, Gerda Taro, nata Gerta Pohorylle, tedesca di origini ebree, fotogiornalista di guerra morta investita da un carro armato durante la Guerra civile spagnola, a meno di 27 anni.
La ragazza con la Leica, vincitrice del Premio Strega e del Premio Bagutta 2018, è una biografia costituita dalla raccolta di tre testimonianze, di tre persone la cui vita è stata coinvolta e stravolta dall’irrefrenabile Gerda: il dottor Willy Chardack, l’amica ed ex-modella Ruth Cerf e il dottor George Kuritzkes.
I due uomini hanno avuto entrambi una relazione, più o meno breve, con Gerda: entrambi sono rimasti assuefatti dalla sua vitalità, dalla sua capacità di stare in mezzo alla gente, di ridere, di raccontare e rendere ogni sua storia leggendaria.
Vivere a tutti i costi, ma non a ogni prezzo, Gerda lo desiderava più di tutti loro messi insieme. E infatti superava i vincoli e gli ostacoli frapposti a quel desiderio con un impulso irrefrenabile, uno slancio che solo la mole d’acciaio di un cingolato era riuscito a stritolare.
Viene posta molta enfasi a questa peculiarità di Gerda: ogni personaggio sembra come essere stato travolto da un vortice, che ha lasciato in ognuno dei segni, dei ricordi indelebili del suo passaggio.
La relazione con Robert Capa
Ma la sua fama di fotografa è dovuta soprattutto al suo ultimo partner Robert Capa – pseudonimo di Endre Friedmann –, fotografo di origini ungheresi che diventerà suo insegnante personale e in seguito collega durante i loro report fotografici tra la Francia e la Spagna.
Passato alla storia come fotoreporter di fama mondiale e fra i fondatori dell’agenzia Magnum, Robert Capa ha, in molte occasioni, oscurato la fama della sua compagna scomparsa.
Helena Janeczek e l’incontro con Gerda
È stata proprio la visita a una sua mostra nel 2009 che ha avvicinato la scrittrice alla storia di Capa e alla sua relazione con Gerda: la Janeczek dichiara, infatti, di aver conosciuto Capa mentre lavorava al romanzo Le rondini di Montecassino e, dopo aver visto le sue foto è spinta dalla curiosità di conoscere anche la sua partner Gerda. Lo farà attraverso il catalogo di Irme Schaber, Gerda Taro, Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola (DeriveApprodi, 2007), accurata biografia che fa luce sulla vita della fotografa.
Ma solo fra il 2011 e il 2012 l’autrice decide finalmente di dare forma al suo romanzo, e soprattutto quale forma dargli. La scelta di dar voce a tre dei personaggi che hanno realmente fatto parte della vita di Gerda Taro nasce dalla volontà di non voler intervenire direttamente nella narrazione degli eventi, di non voler decostruire persone o fatti, ma, dal momento che di biografia si sta parlando, di assumersi la responsabilità di creare una personalità veritiera non solo per la protagonista, ma anche per gli uomini e le donne che la circondavano.
Questa scelta è stata sicuramente non facile, in quanto questo avrebbe implicato la necessità di reperire materiale anche su quei personaggi secondari, che fosse sufficiente a dare di loro un’immagine coerente.
L’importanza dei ricordi
Quello che ne risulta è un romanzo biografico colmo di salti spazio-temporali, che passa dal presente dei narratori Willy-Ruth-George ai ricordi degli anni ’30, dall’America, dalla Svizzera, dall’Italia, a Germania, Spagna, Francia.
Il filo che continua a tenere legati tre personaggi che hanno ormai trovato la propria strada, costruito la propria vita, è solo la memoria. E Gerda, che di tutte e tre queste vite ha fatto parte, rievoca di quegli anni i momenti migliori.
C’era l’eco di un rispetto straordinario intorno a lei, un’eco lusinghiera in cui riverberavano doti e caratteristiche che George conosceva bene, ma amplificate in un’aura leggendaria.
Personalmente, la lettura di questo libro, la conoscenza della storia di una donna, della prima donna fotoreporter morta in guerra, mi ha molto incuriosito. La volontà di far conoscere i pensieri, i sentimenti di chi aveva il coraggio di credere nelle proprie idee, di opporsi, di lottare è uno degli obiettivi pienamente raggiunti dal romanzo e dalla sua scrittrice.
Nonostante questo, il romanzo ha diviso in due il pubblico di lettori: c’è, infatti chi lo ha osannato, e chi, invece, il contrario.
Per quanto mi riguarda, la lettura non è stata sgradevole, riesce a incuriosire, riesce a far immedesimare il lettore nei panni di chi ha vissuto uno dei periodi più brutti della storia.
I salti spazio-temporali, però, potrebbero far perdere il filo del discorso (ammetto che in più di un’occasione ho dovuto tornare indietro per rileggere cosa si era detto prima). Ma penso anche che sia una conseguenza inevitabile del tipo di narrazione che la scrittrice ha scelto di adoperare. Nel complesso, come ho già detto, l’obiettivo di fondo del romanzo è stato raggiunto: avvicinare il pubblico a una figura che sarebbe stata, altrimenti, quasi ignorata.
Breve sitografia
- Helena Janeczek, La ragazza con la Leica
http://www.letteratura.rai.it/articoli/helena-janeczek-la-ragazza-con-la-leica/40050/default.aspx - Helena Janeczek racconta La ragazza con la Leica https://letteratitudinenews.wordpress.com/2018/04/13/helena-janeczek-racconta-la-ragazza-con-la-leica/