Il 6 agosto 1945, la prima bomba atomica venne sganciata su Hiroshima, e fu seguita tre giorni dopo da Nagasaki.
Le vittime, perlopiù civili, furono più di centomila. Ma una sorte ancor più difficile è toccata ai superstiti, gli hibakusha 被爆者. Questi ultimi, infatti, hanno convissuto e convivono con il dolore per la perdita dei propri cari, con lo sviluppo di malattie legate alle radiazioni atomiche, con la preoccupazione per le generazioni successive. E ancora, hanno vissuto come emarginati dalla società, discriminati dal pregiudizio e dalla paura.
In seguito ai bombardamenti, l’argomento fu preso in considerazione da letteratura e media: scrittori e artisti sentono l’esigenza di raccontare, di testimoniare.
Nacque così la cosiddetta “letteratura della bomba atomica”, genbaku bungaku 原爆文学, che include diverse tipologie di testi e vide tre fasi di produzione:
– “Evocare le rovine”
Vengono ascritti a questa fase quegli autori/autrici che furono testimoni diretti del disastro. I sopravvissuti, gli hibakusha, sentivano l’esigenza di testimoniare quanto visto, sentito, vissuto. Molti di loro non avevano mai scritto prima, perciò le loro opere erano spesso molto brevi e basate sull’esperienza personale dell’accaduto.
Gli scrittori più rappresentativi di questa fase furono Hara Tamiki (1905-1951), Ōta Yōko (1903-1963), il poeta Tōge Sankichi (1917-1953).
– “Prospettiva a distanza”
Molti degli autori di questa fase non vissero direttamente il disastro nucleare.
Decisero di scriverne cercando di analizzarne le cause e approcciandosi all’argomento con maggiore distacco.
Uno degli scritti più rappresentativi è Pioggia nera (Kuroi ame) di Ibuse Masuji (1898-1993), scrittore già affermato sin dagli anni ’20.
– “Espansione nel tempo e nello spazio”
Appartengono a questa fase quelle opere scritte a distanza di tempo da autori che non erano stati vittime delle bombe.
I loro scritti si basano spesso sul dibattito sul futuro del nucleare, mostrando un impegno civile e politico rivolto al pacifismo.
Fra gli autori più rappresentativi si colloca il premio Nobel per la Letteratura del 1994 Ōe Kenzaburō, il quale pubblicò negli anni sessanta una serie di saggi ora raccolti nel volume “Note su Hiroshima”.
La censura
Inizialmente censurate dalle autorità dell’occupazione americana, le testimonianze dell’olocausto atomico cominciarono a essere pubblicate fra il 1947 e il ‘48, quando vennero pubblicati Fiori d’estate (Natsu no hana) di Hara Tamiki e, con alcuni tagli, Città di cadaveri (Shikabane no machi) di Ōta Yōko, entrambi scritti nel 1945.
Ma è solo a distanza di un ventennio, negli anni ‘60, che la letteratura della bomba atomica riceve maggiore riconoscimento fra gli intellettuali del tempo: fino ad allora questa veniva esclusa dalla “letteratura pura” (jun bungaku), in quanto troppo esplicita nel descrivere quella terribile pagina della storia.
Qualche spunto di lettura
Il paese dei desideri. Il ricordo di Hiroshima
Hara Tamiki
Traduzione di Gala Maria Follaco
Atmosphere Libri
Pagg. 240
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L’ultima estate di Hiroshima
Hara Tamiki
Traduzione di Gala Maria Follaco
Marotta&Cafiero Editori
Pagg. 136
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Diario di Hiroshima
Hachiya Michihiko
Traduzione di Francesco Saba Sardi
Edizioni SE
Pagg. 288
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La pioggia nera
Ibuse Masuji
Traduzione di Luisa Bienati
Letteratura Universale Marsilio
Pagg. 407
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Note su Hiroshima
Ōe Kenzaburō
Traduzione di Gianluca Coci
Edizioni Garzanti
Pagg. 216
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Fonti
- Joshua Mostow (editor), The Columbia Companion to Modern East Asian Literature, Columbia University Press, 2003.
- Ōe Kenzaburō, Note su Hiroshima, traduzione di Gianluca Coci, Garzanti, 2021.
- Reiko Tachibana, Narrative as Counter-Memory: A Half-Century of Postwar Writing in Germany and Japan, SUNY Press, 1998.
- Wikipedia, Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, consultato 03/08/2021.
- Wikipedia, Letteratura della bomba atomica, consultato 03/08/2021.