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Quiet, il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare

Ho deciso di leggere questo libro in un periodo molto particolare, pensando che potesse in qualche modo aiutarmi, spronarmi a credere di più in me stessa.

Ebbene, cari lettori, introversi e non, sappiate che ci riesce. Certo non è che da domani la mia vita e le mie relazioni sociali saranno stravolte, ma sicuramente affronterò il tutto con una nuova consapevolezza.

Susan Cain inizia a lavorare a questo saggio – Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare – nel 2005, quando lavorava come avvocato a Wall Street.

Il un mondo in cui essere estroversi, esuberanti, spontanei, sembra essere un privilegio, che ruolo hanno gli introversi? Quanto contano le loro idee, i loro punti di vista, la loro esistenza?

In questo saggio, Susan Cain compie un’analisi non solo dei tratti caratteriali, i processi cerebrali e comportamentali che contraddistinguono i due opposti, ma anche e soprattutto di donne e uomini introversi che sono passati alla storia, come Rosa Parks, Stephen Wozniak, Eleanor Roosevelt, Albert Einstein, Van Gogh, Lewis Carroll, Gandhi.

Introversi e leadership

Si parla di leadership, e di come la società voglia che questa sia composta da persone socievoli, che non hanno problemi a lavorare in un open space, a tenere discorsi di fronte al pubblico; allo stesso tempo, però, la Cain spiega come studi dimostrano che non sempre è così.

Cosa succede se ci si trova davanti a un pubblico propositivo, che offre nuovi suggerimenti e punti di vista? Be’, in quel caso, nessuno più degli introversi riuscirebbe ad ascoltare, a esser aperto a nuove idee, a nuove riflessioni.

È sbagliato essere introversi?

I vari esperimenti condotti nel corso degli anni dimostrano come le persone introverse siano capaci tanto quanto (se non più) gli estroversi, se l’ambiente che li circonda riesce a metterli a proprio agio; come gli introversi non siano asociali, semplicemente sono sociali a modo loro: preferiscono la compagnia di poche persone fidate (che siano amici, familiari) alle feste in cui ci si sente “costretti” a socializzare in qualche modo con tutti.

David Dobbs, […] ha ribattezzato l’”ipotesi dell’orchidea”. Secondo questa teoria, molti bambini sono come il soffione, un fiore capace di nascere e prosperare quasi in tutti gli ambienti. Altri, invece, […] somigliano di più all’orchidea: appassiscono con facilità, ma nelle condizioni giuste possono crescere forti e magnifici.

E ancora, di quanto l’elevata sensibilità degli introversi li porti a osservare e valutare di più, “evitando così pericoli, fallimenti e spreco di energia”. Atteggiamento contrapposto alla “strategia dell’osare perché chi dorme non piglia pesci e il treno passa una volta sola”, data da quella che gli psicologi chiamano “sensibilità alla ricompensa”: quella continua ricerca, in altre parole, di premi e gratificazioni, a livello sociale e lavorativo.

Possiamo lasciarci allettare a tal punto dalla prospettiva di un ricco premio […] da correre rischi sproporzionati o ignorare ovvi segnali di avvertimento.

Quando l’apparenza inganna

Molti sono i casi di pseudoestroversi, ovvero di persone introverse che, costrette dal proprio lavoro o da determinate circostanze, si comportano da estroverse, purché questo comportamento non sia portato agli eccessi e permetta poi il ritorno al proprio vero sé.

Ciò non significa però che gli introversi siano costretti a comportarsi contro carattere: questi infatti possono riuscire a controllare il proprio comportamento solo se ci sono in ballo i propri core personal projects, ovvero quei progetti a cui si tiene di più e per cui si è disposti a tutto.

Avete mai pensato, per esempio, a cosa succede nel vostro cervello nel momento in cui, da persone introverse e restie, riuscite a parlare davanti a molta gente, a dare un esame o un colloquio di lavoro, a partecipare a una cena importante? Esattamente questo: probabilmente si trattava di eventi o situazioni che per voi avevano un’importanza tale da spingervi a superare voi stessi, il vostro essere.

Vero è anche però, che un introverso ha sempre bisogno di tornare alla propria vita, ai propri spazi e alle proprie abitudini: il lungo protrarsi di questa pseudoestroversione potrebbe infatti risultare eccessivamente stressante.

Resta fedele alla tua natura. Se ti piace la profondità, non costringerti a tornare in superficie per riprendere fiato.

Introversi ed estroversi non si escludono a vicenda

Ho cercato, in questa breve recensione, di sintetizzare i punti che più mi avevano colpito di quanto ha scritto la Cain. In realtà, sarebbero tante, troppe le cose da dire, perché tanti sono stati gli spunti offerti da questo saggio. Attenzione però, l’autrice non vuole assolutamente screditare il lavoro o il modus operandi della persona estroversa, anzi, lei stessa ci conferma quanto tutti noi, introversi inclusi, abbiamo bisogno di loro.

Il suo intento, la sua missione, è semplicemente quella di mettere in luce i tratti positivi dell’essere introversi, per aiutare a migliorarsi, per non condannare se stessi, per non sentirsi in colpa quando si rifiuta l’invito a una cena o a una festa.

Ed è per questo che sarebbe interessante e utile da leggere anche per chi è tutt’altro che introverso: la Cain dà consigli e suggerimenti su come comportarsi in una coppia mista, con un figlio/alunno troppo chiuso, e insegna a non dare mai nulla per scontato.

Susan Cain

Insomma, spero di avervi incuriosito introducendovi alcune delle nozioni che mi sono rimaste più impresse. Quiet però è molto altro: è un saggio che oltre a far luce sulle personalità più chiuse, riesce anche a regalargli un po’ di autostima, un po’ di coraggio, un po’ di speranza in più.

Titolo: Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare
Edizione: Bompiani
Lunghezza: 427 pagg.
Prezzo: €11,66 su Amazon

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