«Allora, hai deciso? Passo da te o mi fai subito un bonifico? Mi stai ascoltando? Ti dicevo che mi servono quei soldi. Sono solo settantamila. Euro! Se non vuoi sbloccare i tuoi investimenti, puoi vendere l’alloggio. Significa che non venderai? È un no? Il tuo è un no? Non puoi aiutarmi? Non vuoi?
Tu esisti per soddisfare i miei bisogni, per vivere una vita secondaria. È a questo che servono le madri.»
La trama
Quella metà di noi narra la storia di Matilde Mezzalama, maestra torinese in pensione che, vedova da quando era molto giovane, cerca di riorganizzare la sua vita. Rimasta sola in quella casa nel quartiere Barriera di Milano, lontana dalla figlia e dai nipoti che vede solo a Natale, decide di cercare lavoro come badante, e lo trova a casa di Giacomo, un ingegnere rimasto paralizzato in seguito a un ictus.
Quando Emanuela, sua figlia, la telefona per chiederle un prestito di ben settantamila euro, Matilde si trova ad affrontare nuovamente quel passato fatto di segreti che aveva cercato con tutte le sue forze di mettere da parte, di nascondere agli altri come a se stessa: forse aveva fatto degli errori, forse aveva agito di istinto, forse cercava semplicemente un riscatto per quella vita fatta di sofferenze ingiuste.
Persone, relazioni, segreti
Nel suo andirivieni da quel quartiere periferico in cui vive fino al centro di Torino, in cui si trova la casa dell’ingegnere, ci si imbatte in tutti quei personaggi che la circondano e che sono stati parte, anche se solo per poco, della vita di Matilde.
Ci ritroviamo, infatti, a conoscere il vissuto di ognuno di loro, di sua figlia Emanuela, il cui filo che la tiene ancora legata alla madre è rappresentato dai soldi e dalla casa; Laura, la moglie di Giacomo; Dora, la badante rumena; e anche Amedeo, quell’uomo conosciuto e frequentato in segreto, proprio quello per cui la protagonista sarebbe stata disposta a rinunciare a tutto, ma che era poi partito lasciandola lì, senza guardarsi indietro.
È solo nel finale che questo segreto, che la protagonista così a lungo aveva tenuto nascosto, viene a galla. La relazione avuta anni prima con Amedeo e la sua successiva sparizione è un evento che continua a condizionarla in tutte le sue scelte, che la porta alla decisione di ricominciare a lavorare, per iniziare una nuova vita, da sola.
Così, la famiglia, che dovrebbe essere un luogo d’amore, di calore, di rassicurazione, viene smembrata dai suoi stessi componenti, perché ognuno di loro, preso singolarmente, ha la propria vita, ognuno ha i propri segreti inconfessabili, fa scelte e prende decisioni dettate da ciò che potrebbe essere interpretato come egoismo ma che in realtà è semplice istinto di sopravvivenza.
Quella metà di loro
Aldilà della trama che, se raccontata così, potrebbe sembrare semplice e banale, il romanzo della Cereda fa luce sulla vera natura delle persone e dei rapporti che questi stabiliscono gli uni con gli altri, sui segreti mai detti ma mai dimenticati. Non vuole narrare solo la vita dei personaggi, ma vuole descriverci quella metà di loro “che non viene raccontata e che continua a esistere, nonostante l’imbarazzo.”
Ci sono segreti che esistono per il piacere di non essere raccontati e altri che si trascinano appresso la vergogna.
Quella metà di noi, quella che va aldilà delle abitudini di facciata della vita di tutti i giorni, quella che nascondiamo a tutti e spesso anche a noi stessi, è il vero perno attorno a cui ruota questo romanzo. Il suo scopo è quello di descrivere quanta solitudine, quanta rabbia, quanti sentimenti taciuti, si nascondono dietro un caffè al bar, a un viaggio in autobus, a quattro chiacchiere per strada.
Abbiamo tante vite quante sono le persone che incrociamo e alle quali concediamo la possibilità di determinare un cambio di direzione o una svolta.
Una narrazione profonda
Paola Cereda, candidata con il suo romanzo al Premio Strega 2019, raggiunge il suo obiettivo: attraverso una prosa diretta ci narra la quotidianità dei suoi personaggi – irrimediabilmente soli -, e attraverso una descrizione nitida dei loro vissuti riesce a darne un quadro integro, che non esclude nulla.
Sebbene nel corso della narrazione non vi siano particolari eventi che creino una deviazione alla staticità della vita di Matilde e degli altri personaggi – il “colpo di scena” si ha solo nel finale, forse un po’ breve e affrettato –, il contenuto del romanzo è tutt’altro che superficiale: riesce a far riflettere su quanto anche le relazioni più intime possano essere in realtà molto lontane, e su quanto il peso della solitudine gravi su ogni vita.