In Cina e Giappone in Libri/ Recensione

Mori Ōgai, nostalgia e distacco ne L’oca selvatica

Mori Ōgai, L’oca selvatica
Marsilio Editori

L’epoca Meiji dopo trent’anni

È il 1880, piena epoca Meiji, l’anno in cui si svolge la storia che la voce narrante, trent’anni dopo, decide di narrare.

Okada, il protagonista maschile, è uno studente di medicina, amico del narratore che ci racconta la sua vicenda.

Otama, la protagonista femminile, è una ragazza orfana di madre sin da bambina che ha trascorso gran parte dei suoi anni con la sola compagnia del padre, occupandosi di lui e della casa.

Scambio di sguardi

Un giorno, durante una delle sue consuete passeggiate, Okada incrocia per un breve istante lo sguardo di Otama. Non da peso e dimentica la cosa inizialmente, se non fosse che, ogni giorno, spingendosi fin lì, la ritrova sempre affacciata alla finestra, quasi come se stesse aspettando di vederlo.

Otama, intanto, è stata tratta in inganno da Suezō, usuraio senza scrupoli che le paga l’affitto in quella bella casa, e garantisce anche una sistemazione al padre, in cambio di poter godere ogni sera della sua compagnia, pur essendo sposato.

Sempre più attratto dalla bellezza di Otama e, al contempo, sempre più in crisi con sua moglie, che aveva ormai scoperto il suo segreto e che era quindi per lui motivo di stress e preoccupazioni, Suezō si reca da lei sempre più spesso, finché non decide un giorno di portarle in dono una gabbietta con due uccellini.

E saranno proprio i due piccoli volatili l’espediente del primo effettivo incontro tra i due protagonisti: Okada, infatti, si ritroverà a correre in aiuto di Otama quando un serpente si infila nella gabbietta per catturare uno dei due uccelli.

Evoluzione del personaggio femminile

Da allora in avanti, Otama cominciò a percepire che i suoi sentimenti cambiavano, sia per la gentilezza dimostrata da Okada – che lei vorrebbe a tutti i costi ricambiare -, sia per il fatto che era da poco venuta al corrente della vera identità di Suezō, dapprima a lei sconosciuta.

Assistiamo così, a una vera e propria crescita del personaggio femminile di Otama: la vediamo acquisire consapevolezza dei propri sentimenti così come della propria femminilità, dei propri desideri in quanto donna.

In genere una donna, prima di prendere una decisione, è talmente esitante e dubbiosa da far quasi pietà, ma quando infine lo fa, si precipita guardando dritta davanti a sé, come un cavallo con i paraocchi; e se lungo il cammino incontra ostacoli che metterebbero in ansia un uomo di buon senso, li tiene in minor conto della polvere sulla strada. Avviene così che non solo compia azioni che un uomo non oserebbe mai neppure intraprendere ma, contro ogni aspettativa, che abbia pure successo.

Evoluzione che non avviene, invece, in Okada: egli appare, fino alla fine del romanzo, come uno sconosciuto, come una persona che, spaventata anche dalla sola idea del desiderio, innalza davanti a sé un muro invalicabile – tanto dalla sua amata, quanto dal lettore.

Riflesso di un’epoca di trasformazioni

Mori Ōgai (1862-1922), scrisse questo breve romanzo fra il 1911 e il 1913, anni in cui le trasformazioni portate dal contatto con l’Occidente ebbero nella classe degli intellettuali maggior impatto.

Ciò che emerge da questo romanzo è, infatti, un senso di profonda nostalgia per il passato, un passato che l’autore porta ancora con sé. Così come porta con sé anche quell’educazione tradizionale basata sui classici cinesi, essendo egli fra le ultime generazioni a riceverla: non mancano nel romanzo, infatti, i riferimenti a testi letterari cinesi, alla mitologia – la stessa voce narrante suggerisce all’amico Okada un probabile significato simbolico dell’uccisione del serpente -, alle credenze popolari.

E nemmeno mancano quelle digressioni filosofiche e quelle lunghe descrizioni che avvicinano ancor di più il romanzo alla tradizione letteraria nipponica: non per niente L’oca selvatica viene considerato come rappresentativo dell’eredità culturale di epoca Meiji.

Tradizione e innovazione

L’autore Mori Ōgai

Ōgai fu, più di molti altri autori a lui contemporanei, combattuto per tutta la sua vita dalla lotta fra vecchio e nuovo, fra tradizione e innovazione. Provenendo da una famiglia di samurai, non voleva, attraverso i suoi scritti, attaccare quella tradizione che i letterati del tempo tanto condannavano.

E, come afferma Lorenzo Costantini – traduttore del romanzo – nella prefazione, probabilmente questo suo atteggiamento viene manifestato proprio nell’integrità morale di Okada, che riesce a non cedere al fascino esercitato dal desiderio e dai sentimenti.

Leggi questo libro se…

Consiglio questo romanzo a tutti coloro che, come me, sono appassionati alla letteratura tradizionale giapponese, a quel suo fascino misterioso, a quel distacco dalla realtà: una realtà che al tempo andava mutando, e che ha portato l’autore, quindi, a riflettere sul suo passato.