E il lungo bacio che si dettero sulla bocca, in mezzo a tutte quelle sudicerie, fu come una prima caduta nel lento degradarsi della loro vita.
Il settimo volume de I Rougon-Macquart
Lo scannatoio – L’assommoir, nome che va a designare la bettola dove si beve l’assenzio – è il settimo libro dell’imponente ciclo dei Rougon-Macquart, che vede come protagonisti Gervaise Macquart, il marito Coupeau e l’amante Lantier.
Per chi si trova al primo approccio con lo scrittore francese, Lo scannatoio è una delle opere che più esemplificano il suo stile: il famoso “metodo sperimentale”.
Inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista “Le bien public”, nel 1876, il romanzo suscitò fin dai suoi primi sviluppi un vero e proprio scandalo nella società parigina, tant’è che la sua pubblicazione venne interrotta dopo soli due mesi.
La pubblicazione in volume, avvenuta nel gennaio dell’anno successivo eliminandone tutte le censure e i tagli, fece immediatamente scalpore fra il pubblico di letterati, rendendo Zola uno degli scrittori più letti e più discussi della Francia.
Fra i boulevard di Parigi
Con l’intento di descrivere il popolo, i suoi costumi, le sue abitudini, lo scrittore francese, nel suo costruire a grandi linee lo schema che avrebbe poi dato vita alla trama del romanzo, l’autore si reca personalmente in ogni luogo da lui descritto, osservando, scrutando, per carpirne i colori, le voci, gli odori, le sensazioni.
Elimina, così, ogni influenza esterna dalla sorte dei personaggi, la cui tragedia – che è la loro stessa vita – è risolvibile solo attraverso la morte.
Non c’è causa delle disavventure che colgono i protagonisti de Lo scannatoio, così come non c’è rimedio: tutto avviene seguendo come un ordine naturale inevitabile e imprescindibile.
Quadro fedele e dettagliato della vita nei quartieri bassi di Parigi, il romanzo descrive il vero e proprio capitombolo della lavandaia Gervaise e del marito Coupeau, circondati da altri personaggi che altro non fanno se non enfatizzare ancora di più caratteristiche quali l’invidia, la cattiveria, la sfiducia, ormai radicate in un popolo che vive per strada, fra l’ignoranza e il pettegolezzo.
Più volte, nello svolgersi del romanzo, vengono ribadite le banali ambizioni della lavandaia: avere del pane in tavola, un lavoro umile, un marito che non la picchiasse e una morte nel proprio letto. Dopo esser giunti a un climax in cui Gervaise sembra soddisfatta della propria semplice vita, una dopo l’altra queste piccole cose, a cui la protagonista aveva tanto aspirato e che aveva apparentemente ottenuto, vengono a mancare.
L’origine della rovina
Perfino durante i più ricchi banchetti della famiglia Coupeau, simbolo del loro effimero benessere, si sente gravare su essi la prossimità della tragedia, manifestata da elementi a prima vista insignificanti: l’origine della loro caduta coincide con un incidente sul lavoro di Coupeau – che di mestiere fa lo zincatore – che cade da un tetto ed è costretto a letto per mesi, senza poter alzarsi e lavorare, evento che causerà in lui un senso di profonda scontentezza e insoddisfazione.
Dopo l’incidente, si assiste a un susseguirsi continuo di episodi che presagiscono la caduta della famiglia e delle ambizioni della povera Gervaise: il marito Coupeau che non torna a casa e quando lo fa, è ubriaco e fuori di sé; i primi incontri con l’ex amante di Gervaise, Lantier, e il suo successivo e scandaloso trasferimento in casa Coupeau; la vivacità e la curiosità fuori luogo della figlia Nana; i clienti della lavanderia che spariscono uno dopo l’altro…
Ma l’incidente che colpisce il povero zincatore è anche un richiamo a quello che sarà il destino della successiva generazione della famiglia dei Rougon-Macquart: quella, appunto, di Nana.
Io, sobrio, tranquillo come un papa, senza una goccia di liquido in corpo, cado giù a capofitto soltanto perché mi son voluto voltare per fare un sorrisino a Nana!… Non trovate che sia un po’ eccessivo?
La figlia di Gervaise e Coupeau, infatti, darà fin da bambina del filo da torcere ai genitori, e si vedrà ben presto – già in questo romanzo ma soprattutto nel nono del ciclo, Nana – che, dietro il suo volto innocente, si nasconde una creatura infima, egoista e sfruttatrice.
Si arriva dunque a un punto di non ritorno: la famiglia di Gervaise è distrutta. Distrutta dall’indolenza, dall’egoismo, da un’unità familiare mai creata veramente. Ma la causa che più di tutte determina lo sfacelo dei Coupeau è l’alcool.
Lo scannatoio e la “macchina che fa ubriacare”
L’intento dello scrittore di descrivere quel popolo che perde il denaro, gli affetti e la propria stessa vita a causa dell’alcool è evidente sin dal titolo: lo scannatoio – reso anche come ammazzatoio – ovvero quell’osteria dotata della “macchina che fa ubriacare”, è luogo di incontro delle classi più basse della società, che trovano nell’alcool l’unica ancora di salvezza dalla propria sorte, ma che di quella sorte sarà proprio l’assassino.
Vediamo così dapprima Lantier, poi Coupeau, e persino Gervaise, rinunciare a tutto, pur di bere un bicchiere d’acquavite, diventato ormai più importante e necessario anche di un pezzo di pane.
E, intorno a loro, gravita tutta una serie di personaggi secondari – anch’essi ricorrenti durante l’intero il ciclo Rougon-Macquart – attraverso i quali Zola fa emergere quella che è la vera natura del popolo dei quartieri più poveri di Parigi: quella lotta per affermare la propria identità che va di pari passo con l’incapacità di mantenere alta la morale, che va a perdersi fra vicoli, marciapiedi da battere, botteghe andate in rovina; una rovina che prende il sopravvento in seguito a una serie sfortunata di eventi che è l’uomo stesso a causare, in quanto non vi sono altre cause al di fuori della sua stessa natura.
Quello che rimane da fare allora – che è quello a cui vedremo soggetta Gervaise – è rassegnarsi, aspettare una morte che salvi da quella perdita di sé, da quella vergogna, da quella nostalgia per i tempi d’oro, ormai andati, ormai lasciati andare dalle proprie stesse mani non rendendosi conto di quanto questi fossero preziosi.
Ho voluto dipingere la fatale degenerazione di una famiglia operaia, nell’ambiente depravato dei nostri sobborghi: il rilassamento dei legami familiari, le indecenze della promiscuità, l’abbandono progressivo dei buoni sentimenti come conseguenze dell’ubriachezza e dell’ozio; la vergogna e la morte come inevitabile conclusione.
Niente e nessuno può salvarsi dal destino che Zola scrive per i suoi personaggi. Con il suo intento realista di scavare a fondo nell’animo umano, lo scrittore non si lascia sfuggire nulla. Quel ritratto buio e ombroso che ne viene fuori è stato oggetto di non poche critiche da parte di scrittori del tempo, fra i quali è da ricordare lo stesso Hugo.
Questo libro è brutto; mostra, compiaciuto, le orride piaghe della miseria. […] Le classi nemiche del popolo si sono saziate di questo quadro.
Ma per Zola, come spiega Ottavio Cecchi,
Gli scandali non fecero che acuire in lui il gusto e il piacere della polemica. […] Rispondeva, calmo, che la vita era quella, che il suo intento era di spiegarla com’era, senza aggiunte né fronzoli.
Il padre del Naturalismo
Personalmente, mi sono innamorata di Zola da quando ho letto per la prima volta Nana. È stato questo a incuriosirmi e avvicinarmi ad altri scrittori del naturalismo, francese e non, a farmi conoscere e capire più a fondo la corrente letteraria della Scapigliatura – grazie al romanzo di Cletto Arrighi, Nana a Milano.
Il suo stile realistico, fotografico, quella scrittura di getto che arriva lì dove vuole arrivare e riesce sempre a colpire in pieno, l’assenza di quelle digressioni che farebbero distrarre il lettore dallo scenario in cui viene immerso: in poche parole, il suo metodo sperimentale. Queste sono tutte caratteristiche emblematiche dello scrittore francese, e che in pochi di quelli che a lui si sono ispirati, sono riusciti a riprodurre. Non per niente è considerato il padre e il fondatore del naturalismo letterario, non solo francese, ma del mondo.
Approfondimenti e citazioni:
- Émile Zola, etnografo e viaggiatore, Riccardo Reim, in Émile Zola, Lo scannatoio, Newton Compton editori, Roma, 2012.