In Recensione

La scrittura delicata di Aki Shimazaki ne Nel cuore di Yamato

Mitsuba, Zakuro, Tonbo, Tsukushi, Yamabuki.

Cinque parole, cinque persone, cinque storie per addentrarci a Yamato, antico nome del Giappone.

Lo schema che la scrittrice canadese di origini giapponesi ha usato per il suo primo libro Il peso dei segreti (Feltrinelli, 2016) ritorna ne Nel cuore di Yamato (Feltrinelli, 2018): riunire dei brevi racconti – inizialmente pubblicati separatamente – in un unico romanzo.

Ciò che accomuna i protagonisti di ognuna delle storie, sono le loro stesse vite: le storie si intrecciano e si sovrappongono, snodandosi per un arco di tempo di circa mezzo secolo.

Una parola, una storia

Si parte qui con la storia di Aoki, shōsha-man (impiegato commerciale) nel settore import-export della Goshima, una compagnia rinomata in tutto il mondo, e del suo amore per Yūko, receptionist della stessa azienda e protagonista della quarta storia, Tsukushi. Yūko è nata il 17 marzo, festa di San Patrizio e del verde trifoglio, Mitsuba.

Zakuro (melograno) è invece il nome di un ristorante – attenzione! Non uno qualsiasi – specializzato in udon e tenpura, ma è anche il nome dell’albero che il signor Toda, capo-dipartimento degli Affari Esteri della Goshima, ha fuori in giardino sin da quando era bambino, sua madre stava bene, e suo padre viveva con loro.

Tonbo, vecchio nome per indicare Yamato, il Giappone, ha il significato di libellula, la libellula della canzone che la figlia di Tsunoda, ex impiegato della Goshima, canticchia spesso con entusiasmo e che da quindi il nome al suo juku – scuola privata pomeridiana.

Mio padre aveva scritto che l’Imperatore Jinmu, contemplando il suo paese Yamato dalla cima di una montagna, dice: […] La forma del paese somiglia a due libellule che si accoppiano. “Akizu” o “Akiza-shima” sono le parole antiche per indicare tonbo, che significa anche Yamato, “Giappone”.

Yamabuki, infine, è un fiore grazioso che però non da frutto, al quale, per questo motivo, l’attuale moglie del signor Toda veniva paragonata dal suo spregevole ex marito H., perché sterile.

Ma yamabuki è anche simbolo di qualcosa – o qualcuno – che aspettiamo con impazienza, ciò che la protagonista diventa per il signor Toda, dopo il loro primo incontro in treno, che segna l’inizio di un legame lungo 56 anni.

Non mi dilungo sulle storie dei protagonisti perché rovinerei lo stupore generato dalla struttura del romanzo e dai collegamenti studiati dall’autrice. Il nome di ogni storia, infatti, non è un semplice nome, è esso stesso parte della storia raccontata.

Un viaggio attraverso la cultura giapponese

Nel cuore di Yamato è un romanzo che ci mette in contatto con alcuni dei valori, delle idee e delle mentalità che costituiscono il fulcro della tradizione culturale nipponica.

È proprio tramite le storie dei protagonisti che conosceremo la devozione e il senso di comunità verso il proprio luogo di lavoro e i (forzati) cambiamenti di vita che ne derivano, la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale e il malessere e la povertà venuti dopo, le deportazioni in Siberia e le mogli in attesa fino all’ultimo del ritorno del proprio coniuge, i matrimoni combinati, imposti, non voluti, il tabù della bisessualità e dell’amore in pubblico…

Alcuni di questi elementi esistono ancora oggi, altri esistono solo nella memoria di chi ha vissuto particolari momenti storici e tutti, in qualche modo, ci aiutano a vedere, attraverso gli occhi dei protagonisti, e a sentire, attraverso la loro voce, una parte seppur piccola della società giapponese di oggi.

Delicatezza e poesia

Tu, mio fiore di yamabuki
Che io abbia la fortuna di rivederti
Tu, mio eterno amore

Lo stile delicato, i riferimenti storici, culturali e – soprattutto – letterari, appaiono messi insieme per creare un romanzo dalla struttura perfettamente studiata e simmetrica – in alcuni punti, però, anche un po’ forzata.

È questo che ci regala Aki Shimazaki: un Giappone che viene visto dall’interno, e da più punti di vista, che ci appare lontano, ma allo stesso tempo vicinissimo. Un Giappone ricco nelle sue tradizioni: la cerimonia del tè, l’arte dell’ikebana, la poesia haiku.

Sebbene in alcuni tratti mi sia apparso un po’ ripetitivo, consiglio comunque la lettura della Shimazaki. Ci accompagna in Giappone con una scrittura leggera, delicata, poetica, e riesce a presentarcene diverse sfaccettature, positive e non, che altro non sono se non simbolo del vissuto del paese.

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