In Premio Strega/ Recensione

La ragazza di Bube – Carlo Cassola

La ragazza di Bube – Carlo Cassola BUR Rizzoli Editore

Mara e Bube

Mara è una sedicenne istintiva, sognatrice e sicura di sé. Bube, nomignolo di Arturo Cappellini, che di anni ne ha diciannove, è un ex partigiano la cui voglia di mostrare agli altri la sua forza da Vendicatore, com’era chiamato al tempo della Resistenza, lo ha messo nei guai.

Siamo nell’immediato Dopoguerra, in un’Italia che, reduce del regime fascista, ha un clima politico ancora molto sensibile. Ragion per cui Bube spara mortalmente al figlio di un maresciallo, Cecora, in seguito all’uccisione da parte di quest’ultimo di un suo compagno.

La conoscenza fra i due giovani – Mara e Bube – avviene grazie al fratellastro di lei, anch’egli ex partigiano, che aveva perso la vita durante il periodo della Resistenza. Bube, viene accolto con entusiasmo dalla famiglia di Mara, e questo contribuirà ad acuire il desiderio di entrambi di starsi a fianco l’un l’altra.

Un destino avverso

Nonostante Mara venga messa al corrente fin dall’inizio delle azioni del giovane amante, non si dà per vinta. Decide, anzi, di seguirlo durante i suoi spostamenti da latitante, finché egli non è costretto a lasciare l’Italia.

Ma anche questo non servirà a nulla: egli viene infatti catturato e condannato a quattordici anni per l’omicidio commesso in passato. E Mara, ormai abituata più alla sua assenza che alla sua presenza, decide di aspettarlo.

Né l’insistenza della madre a trovarsi un marito che possa assicurarle un futuro stabile, né gli sproni della sua amica Ines, e nemmeno i corteggiatori e le loro smancerie serviranno a smuovere la testarda giovane dal suo impegno amoroso, per quanto dolore esso possa comportare.

Amore e politica

La ragazza di Bube, pubblicato nel 1960 e vincitore del Premio Strega di quell’anno, è un romanzo fuori dai temi per lo scrittore Cassola: con i suoi primi scritti egli aveva abituato il lettore a contenuti politici, ragion per cui – forse – prima di allora non aveva raggiunto un pubblico così vasto.

L’autore Carlo Cassola

Con La ragazza di Bube, al contrario, il successo fu travolgente. Si tratta di un romanzo in cui amore e politica si incontrano e si scontrano: non lo si può definire né un romanzo rosa – com’era stato negativamente designato dai neo-avanguardisti del Gruppo 63 – né un romanzo politico in senso stretto.

Una storia “quasi” vera

Ma ciò che del romanzo in questione suscitò maggior scalpore fu il fatto che si trattava di una vicenda reale: Bube e Mara esistevano veramente.

«Il viaggio in corriera – dichiarava Cassola – lo feci anch’io in compagnia di Bube e della sua ragazza, cioè delle persone vere da cui ho tratto i personaggi del romanzo» (Bube esiste, “L’Espresso”, 17 luglio 1960)

Ritrovare questi personaggi, risalire alle loro biografie portò alla ricostruzione di alcuni dei fatti salienti della Resistenza, periodo di riscossa popolare nonché di guerra civile. E, soprattutto, periodo di violenza.

A tal proposito, temi controversi come quello dell’ “educazione politica” risaltano guardando al crudele destino che grava sui due amanti, come Geno Pampaloni, nella sua introduzione all’edizione BUR, spiega: un’educazione – quella del partito – pregna di estremismo e violenza, che aveva premiato e sollecitato un suo membro col soprannome di Vendicatore, manca di proteggerlo quando egli più ne ha bisogno, al punto di farlo sentire deluso, tradito.

Al centro di un dibattito letterario

I temi politici che si celano dietro l’innocente amore fra due giovani posero il romanzo al centro di un vero e proprio dibattito, soprattutto in seguito all’invito rivolto a scrittori e critici letterari da parte della rivista socialista “Mondo operaio” di darne un giudizio: lo si doveva considerare un romanzo politico, stimolo alla riflessione su quanto era accaduto nel dopoguerra, o rispettarne l’autonomia di opera d’arte?

Diverse furono le opinioni in merito, tra chi, come alcuni intellettuali di sinistra, mostrò il proprio scontento nei confronti del romanzo – egli venne infatti definito dal politico Palmiro Togliatti come un “diffamatore della Resistenza” – e chi, invece, ne riconosceva la semplicità e uno dei temi più ricorrenti dell’autore: la crisi della Resistenza (da citare lo storico Roberto Battaglia).

Fedeltà, morale

Comunque lo si interpreti,  non si può non tenere in conto il periodo storico in cui è ambientato e, soprattutto, un particolare valore che lo scrittore cerca di mettere in risalto: quello della fedeltà. Fedeltà al proprio partner, fedeltà ai propri principi, fedeltà al proprio partito. Fedeltà che, sia essa verso qualcosa di giusto o di sbagliato, è dettata da una morale.

È per questa morale, per questa causa, che i protagonisti del romanzo combattono, con mezzi e modi diversi. Ed è questa stessa morale che fa da filo conduttore all’intero romanzo e che condiziona in maniera decisiva le vite dei protagonisti.

«È cattiva la gente che non ha provato dolore — disse Mara — Perché quando si prova il dolore, non si può più voler male a nessuno».

Curiosità
  • Dal libro fu tratto l’omonimo film uscito nel 1963, con la regia di Luigi Comencini.