In Recensione

La Madonna col cappotto di pelliccia – Sabahattin Ali

Raif Efendi, impiegato e traduttore di lettere commerciali dal tedesco, sembra essere estraneo a tutto ciò che lo circonda. Persino i suoi familiari a stento si ricordano di lui, se non per sbrigare le faccende di casa o lanciargli qualche critica indesiderata. Le ragioni della sua totale assenza dalla vita vera, risalgono a circa dieci anni prima, ovvero alla perdita della sua “madonna col cappotto di pelliccia”, pittrice e soggetto di un autoritratto da cui egli rimane letteralmente folgorato.

Lungi dallo sfociare nella storiella d’amore adolescenziale, quello trattato è un amore senza limiti, in cui anche i pregiudizi di genere sembrano scomparire: lei, Maria (la madonna col cappotto di pelliccia), è decisa e fiera dei suoi lati maschili, e riconosce (anche se non subito) e riesce alla fine ad accettare il lato sensibile, femminile di Raif Efendi, i cui veri sentimenti si scopriranno solo alla fine, alla fine di una vita, se così si può chiamare. Ma il suo non rispondere agli stimoli, alle offese, la sua rinuncia alle occasioni o, semplicemente, a una vita dignitosa, è forse proprio il suo modo di ribellarsi, di mostrare che non ne ha bisogno, perché tutto ciò che di bello la vita poteva offrirgli, lo aveva già preso.

Quella di scardinare i limiti imposti dal genere, dall’essere uomo o essere donna, perché l’innamorato, il più debole della coppia in questo caso è l’uomo, è un’idea ben sviluppata, e sicuramente dimostrazione dell’animo anticonformista dello scrittore.

  “Del resto, sin dall’infanzia, temevo di sprecare la felicità, volevo conservarne una parte per dopo… Sebbene questo mi facesse perdere molte occasioni, esitavo tuttavia a sfidare la sorte domandando troppo.”

Forse uno dei motivi per cui La Madonna col cappotto di pelliccia non è stato ben accolto dai lettori appena pubblicato, era perché ci si aspettava un contenuto diverso dallo scrittore Sabahattin Ali, fino ad allora conosciuto per i suoi scritti di contenuto perlopiù politico. Fu poi rivalutato solo una settantina di anni dopo, come spiegato nell’introduzione, quando entrò in voga fra i giovani manifestanti del Gezi Park e diventando poi un bestseller internazionale. E forse ciò che ha spinto quei giovani alla riscoperta di questo romanzo, è stato il voler rendere omaggio allo scrittore, la cui morte avvenne mentre fuggiva in segreto attraversando il confine con la Bulgaria: le circostanze non sono ancora ben chiare, non si sa infatti se ad assassinarlo sia stato Ali Ertekin, che lo accompagnava nella sua impresa, o sia stato ucciso durante un interrogatorio dal Servizio di sicurezza nazionale (a cui tra l’altro Ertekin era legato).

Consiglio la lettura, ovviamente, l’idea di fondo del romanzo è molto originale, la trama è interessante e la scrittura è molto semplice. Però devo dire che, personalmente, ho trovato delle mancanze non tanto nella trama in sé, quanto nella sua struttura. Il finale è ridotto a pochissime pagine, e data la presenza di un grande colpo di scena, ci si aspetterebbe che l’autore vi dedicasse un po’ di attenzione in più. Inoltre, il fulcro del romanzo è rappresentato dall’amore di Raif Efendi per Maria, ed è molto bello: il linguaggio è delicato e aulico allo stesso tempo, e i suoi pensieri molto profondi. Ma sarebbe stato ancora più bello, secondo me, dal momento le parole di Raif Efendi sono tratte dal suo diario, approfondire qualcosa in più sulla sua vita, sul come egli era arrivato nella posizione in cui si trova, se non altro per dare un po’ più di dinamicità al tutto.
Nel complesso comunque, è stata una lettura abbastanza piacevole, e se siete alla ricerca di un po’ di romanticismo è perfetto!